Parlare di big data in un settore come quello delle costruzioni dove le informazioni che le imprese di costruzioni consegnano al committente al termine del processo di costruzione sono talmente scarse da risultare quasi inesistenti potrebbe sembrare paradossale, ma così non è. La fase decisionale del processo edilizio produce una grandissima quantità di dati che vengono poi ulteriormente integrati nella successiva fase esecutiva e, durante la vita dell’opera, nella fase di gestione. Una ricerca del NIST ha stimato che per il reperimento delle informazioni, per la loro trasposizione in un formato utilizzabile e per la successiva trasmissione a chi si deve occupare di gestire gli immobili esistenti negli Stati Uniti sono stati spesi, in un solo anno 163 milioni di dollari. Analogamente per il nuovo, ad esempio, Deloitte ha scoperto che il 25% delle aziende che meglio raccoglie e trasmette le informazioni, rispetto al 25% inferiore (Figura 1) ha un risparmio del 10% sul costo di avviamento di un impianto petrolifero (in media un impianto costa 1 miliardo di dollari).
Figura 1 -Il valore delle informazioni nel settore delle costruzioni
In Italia, dove il mercato delle costruzioni è maggiormente spostato verso gli interventi sul costruito, il tema del reperimento e della conservazione delle informazioni è particolarmente delicato poiché qualsiasi intervento si basa sui dati che si hanno a disposizione e spesso, anche a causa del breve tempo che si ha a disposizione per reperirli, le supposizioni fatte possono portare a un successivo calo di prestazioni, problemi o patologie edilizie (con conseguente aumento dei costi).
Figura 2: buona e cattiva pratica nel Building Condition Assessment
Da una ricerca finanziata dal CNPI e dalla Fondazione Opificium è nata l’idea di associare al fascicolo del fabbricato, inteso come carta d’identità dell’edificio, degli indici che permettessero di valutare lo stato documentale e di degrado.
Sono in molti ad affermare che uno strumento di questo genere possa giovare molto alla gestione di un immobile durante l’intero ciclo di vita: costruzione, manutenzione, vendita, riqualificazione.
Questa richiesta di maggior chiarezza e trasparenza delle informazioni si scontra però con l’opinione di molti professionisti, in quanto questo documento viene interpretato come una ripetizione di informazioni già inserite in altri documenti. Interpretazione non veritiera, dato che il fascicolo è un documento di sintesi, che raccoglie ed evidenzia solo determinate informazioni (di sintesi, appunto) dell’immobile, permettendo di avere il quadro generale, sapendo poi dove reperire le altre informazioni di dettaglio negli appropriati documenti. L’aggiunta della valutazione dello stato di degrado, attraverso l’indice di efficienza tecnica, permette di usare il fascicolo come strumento di analisi dell’edificio, mantenendo traccia dei cambiamenti e programmando gli eventuali interventi manutentivi e di riqualificazione.
Perché un fascicolo del fabbricato?
Il fascicolo del fabbricato fa pensare a tanti temi scottanti: la sicurezza sul lavoro, il rischio sismico, costi di gestione, catasto, etc.. Forse, senza andare a sollevare questioni già ampiamente discusse, si può anche pensare al fascicolo come la carta d’identità dell’edificio: la “copertina” che dà un nome a un immobile e ne raccoglie le caratteristiche fondamentali. Non è certo un nuovo documento da aggiungere ai già tanti da produrre, bensì un uso innovativo delle informazioni che già si hanno a disposizione e che, riorganizzate in modo univoco e inequivocabile, permettono sempre di avere il quadro della situazione, evitando sprechi di tempo e denaro. Anche sul termine “innovativo” ci sarebbe poi da ridire, visto che l’idea di fascicolo è già da molti anni oggetto di studio e di proposte, senza però che sia mai stata seriamente presa in considerazione.
La novità del fascicolo del fabbricato potrebbe essere data dall’utilizzo del fascicolo stesso come strumento di misura dello stato dell’edificio e delle sue prestazioni. Perché avere delle informazioni statiche, aggiornate saltuariamente (nella migliore delle ipotesi), quando si può avere uno strumento che con poco sforzo può restituire la conoscenza ordinata dell’edificio e delle sue parti? Che al bisogno può essere usato, dal committente o chi per lui, per dialogare con manutentori, acquirenti, progettisti o semplicemente per controllare la situazione documentale e lo stato dell’edificio?
Una moltitudine di utenti richiede le stesse informazioni che, in mancanza di un documento che le racchiuda (o che indichi dove sono), possono essere trasmesse in maniera errata, perse, nella migliore delle ipotesi recuperate a fatica o addirittura rielaborate.
Un fascicolo del fabbricato ben strutturato, associato agli indici di efficienza dell’edificio – quali quelli sviluppati da Fondazione Opificium, CNPI e Politecnico di Milano – può essere visto come un passo avanti per l’intero settore delle costruzioni.
Ci servono davvero i big data?
Fatto salvo il fatto che i big data di oggi saranno gli small data di domani, occorrerebbe parlare di smart data, visto che il termine ormai viene associato a qualsiasi oggetto, non solo in ambito edilizio. Vale a dire che un edificio con le tecnologie attuali potrebbe fornire tantissimi dati a un utilizzatore esperto (temperature interne, uso degli spazi, consumi, etc. solo per citarne alcuni) ma non sempre tutti questi dati sono necessari per controllare il funzionamento di un edificio. L’idea del fascicolo del fabbricato, associato agli indici di efficienza, è uno strumento semplice da usare/consultare, aggiornabile periodicamente – magari durante delle ispezioni periodiche programmate o prima/dopo un intervento manutentivo – senza bisogno di essere dei tecnici specializzati e che permette di tenere sotto controllo l’immobile.
L’indice di efficienza dell’edificio è composto da due indici, quello documentale e quello tecnico e da una serie di sotto-indici, di dettaglio, utili alla definizione dei precedenti. Si calcolano a partire da un sopralluogo dell’edificio e con sole indagini visive, eventualmente corredate da un rilievo quantitativo (non vincolante ai fini del calcolo), compilando una serie di schede diagnostiche predefinite. Tutta la procedura è guidata e l’oggettività è garantita dalla presenza di liste di anomalie dettagliate, componente per componente, che l’utente può solo limitarsi a spuntare quando le rileva.
Figura 3 – Il quadro completo degli indici di efficienza dell’edificio
Contemporaneamente l’indice documentale restituisce all’utente una lista dei documenti obbligatori e consigliati e, tra questi, evidenzia quelli presenti o meno, calcolando con una serie di pesi l’indice stesso. Questa procedura è utile sia per avere il quadro completo dei documenti necessari durante la gestione dell’edificio sia per eventuali passaggi di proprietà o riqualificazioni, durante il dialogo con la committenza o con la pubblica amministrazione. Non è niente più di una checklist, e di conseguenza necessita di pochissimo tempo per essere compilata, ma, data la sua standardizzazione, completezza e adattabilità, permette di avere sempre una informazione di sintesi a portata di mano. Se tutti ne facessero uso, ci sarebbe un’enorme diminuzione delle ambiguità che spesso si creano quando uno o più documenti non sono reperiti. Questo incentiverebbe anche la creazione dei documenti as-built, attualmente non obbligatori per legge, ma importantissimi in fase di gestione e manutenzione, soprattutto per edifici esistenti, dove spesso e volentieri non esiste nemmeno il progetto.
L’indice di efficienza tecnica permette di valutare sia l’invecchiamento dell’edificio sia il suo stato di degrado; può essere visto come la misura della quantità di manutenzione effettuata sull’immobile. L’indice è calcolato partendo dalla compilazione di una serie di schede diagnostiche che descrivono i principali componenti dell’edificio (pareti, coperture, infissi, impianti, finiture, strutture, etc. – per un totale di oltre 400 componenti selezionabili), in cui l’utente deve segnare la presenza/assenza delle possibili anomalie (già predefinite per ogni elemento) e scrivere l’età effettiva del componente. Queste schede possono essere compilate con un livello di dettaglio differente in base alle necessità che si hanno (valutazione parziale, completa, sommaria, di dettaglio, solo parti comuni, etc.): una scheda per tutti i componenti omogenei (ad esempio per tutte le finestre dell’immobile), una scheda per ogni facciata/piano (ad esempio per gli intonaci del piano terra e per quelli dei piani superiori, eventualmente divisi per esposizione), una scheda per ogni singolo componente (per ogni porta, finestra, etc.); ovviamente il tempo necessario per compilare le schede aumenta, mentre quello di elaborazione rimane tale, in quanto il processo è automatizzato.
Figura 4 – Esempio di scheda diagnostica per il calcolo dell’indice di efficienza tecnica
Questo indice può essere usato per monitorare periodicamente lo stato dell’immobile, gestire gli interventi di manutenzione, dialogare con l’impresa, l’acquirente o il committente. L’aggiornamento di tale indice non comporta un carico di lavoro sensibile in quanto può essere aggiornato durante i lavori di riqualificazione/manutenzione direttamente dagli esecutori dell’intervento o dal progettista/responsabile dei lavori; in questo modo si ottiene una fotografia dell’edificio in diversi istanti temporali, che permette di avere sempre il quadro completo della situazione.
L’indice di efficienza dell’edificio nel suo complesso non è altro che la media semplice dei due precedenti, se entrambi sono stati calcolati (è ovviamente possibile fare una valutazione parziale).
Figura 5 – Esempi di visualizzazione dei risultati finali
È importante notare che i risultati possono essere visualizzati su differenti livelli di dettaglio, in modo da essere il più possibile efficienti e chiari. Il committente o l’affittuario possono visualizzare i dati riassuntivi, con solo l’indicazione delle maggiori criticità, l’amministratore può avere il quadro completo, suddiviso per macro categorie e infine il manutentore può avere accesso ai dati di dettaglio sui singoli componenti.
E se si spendesse meno?
Tutto sommato, i benefici di un fascicolo del fabbricato aggiornato e ben gestito sono molteplici ma il fattore determinante è sempre quello economico. Allora basti pensare ai benefici economici legati al fascicolo: il committente può dimostrare lo stato del suo immobile e controllare/pianificare i lavori di manutenzione/riqualificazione, evitando ogni volta di valutare partendo da zero (o quasi) le problematiche, i documenti mancanti, etc.. Aggiornare e produrre documenti mancanti o fare sopralluoghi, se non programmati e concordati, ha un costo elevato e può generare spese non preventivate. Può essere utile nel controllare l’immobile prima e dopo i lavori, sia dal punto di vista del committente, sia del progettista, che può ottenere dei dati certi su cui basare il progetto, evitando che sorgano problemi e/o varianti inattesi.
Il fascicolo è quindi un documento di sintesi in cui sono riportati i dati principali dell’edificio, i sopralluoghi effettuati, gli indici di efficienza e i lavori svolti e tutto quello che si ritiene opportuno debba essere registrato per avere memoria dello stato dell’immobile.
Quindi, con uno sforzo esiguo (e suddiviso negli anni) è possibile ottenere una serie di informazioni utili ed evitare il loro continuo reperimento da parte del singolo progettista/impresa/acquirente del momento.
Infine, il fascicolo del fabbricato può venire a contatto con molte altre tematiche importanti, come ad esempio la gestione dei piani e programmi di manutenzione, i controlli in fase di progettazione (può essere usato come checklist in fase di progettazione di nuove costruzioni, anche da parte della Pubblica Amministrazione), il monitoraggio dei consumi e delle spese di operazione e gestione.
Il fascicolo del fabbricato è da interpretare come una carta d’identità dell’edificio, dinamica e collegata ai diversi ambiti che ruotano intorno a un immobile, fornendo per ciascuno un adeguato livello di informazioni, evitando potenziali errori dovuti ad inesattezza, carenza o completa mancanza di dati.
[*]ing. Mario Claudio Dejaco, Fulvio Re Cecconi, Sebastiano Maltese – Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente costruito.