Con l’introduzione del nuovo comma 1-ter all’articolo 48-bis del DPR 602/1973, prevista dalla bozza del testo della Legge di Bilancio che oggi, 22 dicembre, approda in Senato per le operazioni di voto, il meccanismo di verifica dell’inadempienza fiscale e di pagamento sostitutivo verrebbe esteso anche ai compensi professionali fino a 5.000 euro, inclusi quelli relativi alle attività svolte nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato. Una misura destinata ad entrare in vigore il prossimo 15 giugno 2026 che, pur muovendo dall’obiettivo legittimo di rafforzare l’efficacia della riscossione, rischierebbe, secondo il Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali laureati, di produrre effetti rilevanti e criticità sul piano della tutela dei diritti dei professionisti.
«Il compenso professionale – sottolinea il Presidente, Giovanni Esposito – non rappresenta una mera disponibilità finanziaria, ma il corrispettivo di una prestazione già resa ed è spesso l’unica fonte di sostentamento del professionista e della sua famiglia. L’intercettazione automatica del compenso a soddisfazione del credito erariale, inciderebbe direttamente sul diritto al lavoro, tutelato dall’articolo 35 della Costituzione, senza prevedere soglie di salvaguardia analoghe a quelle riconosciute al lavoro dipendente».
L’estensione del meccanismo ai compensi di modesto importo accentuerebbe, inoltre, un effetto regressivo, colpendo in modo particolare i professionisti più esposti e incidendo sulla possibilità di garantire condizioni di vita dignitose, con potenziali profili di contrasto anche con l’articolo 36 della Costituzione. Particolarmente delicata è poi l’applicazione della norma ai compensi derivanti dal patrocinio a spese dello Stato, ambito nel quale il professionista concorre all’attuazione del diritto di difesa garantito dall’articolo 24 della Costituzione. Per tali motivi il CNPI auspica un ripensamento della disposizione alla luce dei principi costituzionali.
